Archives for Febbraio 2018

28 Febbraio 2018 - Commenti disabilitati su I contributi ricevuti dal Comitato degli Amici

I contributi ricevuti dal Comitato degli Amici

Il Comitato Amici del Trivulzio Onlus ha sottoscritto in data 28 maggio 2016 una convenzione con l’Azienda di Servizi alla Persona “Istituti Milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio†che è stata oggetto di successive integrazioni e che prevede fra le altre cose la corresponsione da parte dell’ASP “Istituti Milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio†di un importo di Euro 10.000 in favore del Comitato Amici del Trivulzio Onlus.

Sono a disposizione di chi ne faccia richiesta il testo della Convenzione e Appendice 2016  e il testo della Convenzione e Appendice 2017

16 Febbraio 2018 - Commenti disabilitati su Claudio Sileo: «Gli Amici del Trivulzio? Fondamentali per costruire servizi sociali innovativi»

Claudio Sileo: «Gli Amici del Trivulzio? Fondamentali per costruire servizi sociali innovativi»

In carica dal luglio del 2015, Claudio Sileo nella sua veste di direttore generale dell’'Azienda di Servizi alla Persona Istituti Milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio guida una corazzata socio-sanitaria che ogni giorni offre servizi a 1.350 ospiti e pazienti residenti e a circa 500 pazienti ambulatoriali, oltre ad amministrare un ingente patrimonio immobiliare del valore di circa 400 milioni di euro. Lo incontriamo a qualche giorno dal convegno “I bisogni della città e l’impegno del Pio Albergo Trivulzio. 250 anni di assistenza e cura†(presentato su queste stesse colonne dal vicepresidente degli Amici del Trivulzio, Marco Zanobio) e dal lancio della mostra dedicata al Trivulzio che da inizio marzo “occuperà†i pannelli di via Dante a Milano.

 

Direttore, le celebrazioni di questi mesi hanno un titolo (“Dall’eredità del ‘700 al Welfare del Futuro. 250 anni di Trivulzioâ€) che richiama il passato legandolo all’innovazione dei servizi sociale. In che cosa il Trivulzio di oggi in cosa è innovativo?
Siamo l’unica struttura in Italia, ma probabilmente anche in Europa, che riesce a conciliare numeri come i nostri con un’offerta completa di servizi che vanno dal sanitario, al socio-sanitario fino al sociale puro. E lo facciamo all’interno delle mura delle nostre strutture, ma anche aprendoci al territorio. E in questo secondo aspetto è assolutamente rilevante la presenza degli Amici del Trivulzio.

Nell’immaginario collettivo però è ancora forte il ricordo di alcuni scandali che negli anni scorsi hanno travolto il Trivulzio. Cosa state facendo per scalfire questa immagine?

Abbiamo due temi con cui confrontarci. Il primo, come ricordava lei, riguarda gli scandali. Su questo abbiamo fatto quello che dovevamo fare dal punto di via sia dell’equilibrio finanziario, sia da quello della trasparenza e della correttezza della gestione. Rimane invece aperto l’altro tema: molti milanesi ancora oggi ci identificano con la Baggina e quindi con servizi legati all’ultimo miglio della vita. E invece, come le ricordavo, noi ormai siamo in grado di mettere in campo l’intera filiera dell’assistenza.

Lei prima citava anche l’associazione degli Amici del Trivulzio. Qual è il valore aggiunto che apportano gli Amici?
Dal punto di vista del tasso di innovatività dei servizi sociali l'associazione costituisce un elemento fondamentale sia in fase di ideazione sia in fase di implementazione dei progetti. Pensiamo a due esempi di successo a Digital Trivulzio o Adotta un nonno. In seconda battuta essendo quella una struttura molto leggera e di natura privata può raccogliere risorse attraverso il fundraising e il 5 per mille, per esempio. Risorse da impiegare in iniziative che rendano migliore la vita ai nostri pazienti interni ed esterni. Insomma gli Amici sono uno snodo importante per il Trivulzio di oggi e quello di domani

9 Febbraio 2018 - Commenti disabilitati su I bisogni della città e l’impegno del Pio Albergo Trivulzio: 250 anni di assistenza e cura

I bisogni della città e l’impegno del Pio Albergo Trivulzio: 250 anni di assistenza e cura

Il Convegno nazionale “I bisogni della città e l’impegno del Pio Albergo Trivulzio. 250 anni di assistenza e curaâ€, che si terrà il prossimo 23 febbraio al Teatro Martinitt si inserisce nella ricca serie di iniziative promosse dalla Direzione del Pio Albergo Trivulzio, congiuntamente al Comitato Amici del Trivulzio onlus, per celebrare l’importante ricorrenza dei 250 anni dalla morte del Principe Trivulzio, che - grazie alle sue ultime volontà - ha consentito di realizzare una dimora ove accogliere, fin dal 1771, “gli impotenti per età, per difetto corporale ed infermitàâ€, come recitava il testamento divenendo nel tempo luogo che “alla vecchiaia milanese povera e onesta dona calmo e sereno il tramontoâ€.

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Il Convegno nasce per Milano e per i suoi cittadini e consentirà di conoscere l’evoluzione storica del Pio Albergo Trivulzio sotto molteplici aspetti: in primo luogo, grazie anche all’attiva collaborazione della Società Italiana di Storia della Medicina, il prof. Giuseppe Armocida delineerà le caratteristiche della medicina e dei medici all’epoca del Principe Trivulzio, attraverso un inquadramento storico, medico e scientifico. Nella successiva relazione la dr.ssa Ilaria Gorini e la dr.ssa Barbara Pezzoni affronteranno i temi della medicina e dei medici all’interno dell’Istituto nell’arco della sua vita, per poi passare alla presentazione di alcune figure di rilievo che hanno contribuito alla storia del Pio Albergo Trivulzio. La dr.ssa Cristina Cenedella, direttrice del Museo Martinitt e Stelline, si soffermerà sull’esemplare figura di Maria Gaetana Agnesi, di cui ricorre proprio quest’anno il terzo centenario dalla nascita: matematica, filosofa e benefattrice, fu la prima direttrice dell’Istituto dal 1771 fino alla morte, avvenuta nel 1799.

Il Convegno non trascurerà poi gli aspetti e gli assetti organizzativi del Pio Albergo Trivulzio dal punto di vista sia dei regolamenti interni di funzionamento, attraverso un sistema puntuale di gestione del personale addetto ma anche degli ospiti, illustrati nella relazione del prof. Edoardo Manzoni e della dr.ssa Maura Lusignani, sia degli assetti architettonici, tanto nella vecchia sede quanto nell’attuale collocazione, anche qui studiati secondo logiche “pionieristiche†per l’epoca, come presentati dall’arch. Patrizia Brivio.

Il Convegno si concluderà poi, con una tavola rotonda, da me curata, dedicata a testimonianze legate agli ultimi cinquant’anni della vita del Pio Albergo Trivulzio, comunemente noto fra i milanesi come “Bagginaâ€.  Saranno presenti l’avv. Bassano Baroni e l’avv. Amilcare Resti - che sono stati segretario generale dell’Istituto - alcuni medici che hanno operato all’interno della struttura a partire dagli anni Settanta (dr. Elia Messa, dr. Carlo Sequi e dr.ssa Cinzia Negri Chinaglia), il dr. Claudio Cogliati, primo presidente dell’Istituto dopo il commissariamento a seguito di Tangentopoli (anche se nel male, il Trivulzio possiamo dire sia stato pioniere: ha contribuito a scoperchiare il malcostume di un sistema che ha travolto nel 1992 l’intero mondo politico italiano), nonché il dr. Ugo Garbarini, primario emerito dell’Istituto e presidente onorario dell’Ordine dei Medici di Milano. Sono convinto che le testimonianze saranno di sicuro interesse e, senza voler anticipare i contenuti del Convegno, sono certo che quanto emergerà dai lavori andrà a confermare un elemento fondamentale e caratterizzante l’Istituto: quello di aver avuto e di avere ancora un approccio pionieristico al tema della cura e dell’assistenza degli anziani.

Nel preparare la tavola rotonda ho avuto modo di consultare molteplici documenti riguardanti la vita dell’Istituto, in particolar modo quelli relativi agli anni successivi al 1950-1960: posso sicuramente affermare che nella buona e nella cattiva sorte, la Baggina è sempre stata precursore di accadimenti che hanno caratterizzato la vita dell’anziano e il sistema di welfare, usando un termine oggi comune. Il titolo del Convegno sintetizza in modo completo il fatto di come il Pio Albergo Trivulzio abbia saputo coniugare i bisogni della città con l’evolversi della sua vita e delle circostanze, garantendo assistenza e cura alle persone bisognose. L’approccio del Trivulzio è sempre stato orientato alla cura degli anziani in una visione attiva e sono convinto che ancora oggi, l’Istituto possa essere annoverato a pieno titolo fra le strutture di punta non solo milanesi, ma di tutto il sistema sanitario nazionale.

Non posso certo nascondere il fatto che, oltre a considerazioni di natura affettiva, molti sono gli elementi che mi uniscono al Pio Albergo Trivulzio, a partire dalla circostanza che il Trivulzio è sintesi di operosità e generosità, che porta Milano ad essere città che sa accogliere e tutelare, che sa fare bene e fare il Bene: la Milano col couer in man. Con questo spirito mi sono approcciato all’organizzazione del Convegno e della tavola rotonda in particolare, che si concentrerà sugli anni che hanno posto le basi forse per l’ultima grande trasformazione del Trivulzio: l’Istituto negli anni Sessanta, da primo gerontocomio-cronicario italiano che era, inizia a diventare primo centro di riabilitazione geriatrica, anticipando un processo di cambiamento, che coinvolgerà altre istituzioni similari e porterà a rivedere - a livello normativo italiano - il sistema di cura dell’anziano.

Siamo a fine anni Cinquanta del secolo scorso, i censimenti Istat iniziano ad evidenziare che l’Italia sta invecchiando. La durata media della vita umana aumenta, il sistema pensionistico garantisce redditi non più di mera sussistenza: i medici del Trivulzio, sapientemente, avvertono che grazie alle conquiste della medicina e della chirurgia è aumentata la possibilità di sopravvivenza anche se in condizioni di salute gravemente menomante, con la conseguenza che i ricoverati necessitano di assistenza e cure mediche continuative, attraverso interventi terapeutici e riabilitativi un tempo non possibili. Ciò porta alla necessità di lungodegenze, ma in quegli anni la normativa sanitaria italiana non prevede tale tipologia di assistito: c’è il malato acuto, c’è il malato cronico (attenzione il malato, non la malattia cronica), ma il lungodegente non è noto alla legge ospedaliera.

Questi medici sensibilizzano la Presidenza e la Direzione dell’Istituto, che in modo illuminato (presidente era l’avv. Giuseppe Sala, vero civil servant milanese, direttore il dott. Livio Beria, segretario generale l’avv. Bassano Baroni), condividono le considerazioni espresse dalla direzione sanitaria, guidata dal medico primario dott. Giuseppe Dones e danno il via alla trasformazione, che ha riguardato non solo i servizi offerti ma anche le strutture (dalle camerate per gli assistiti si passa gradualmente a camere a due/quattro letti, vengono potenziati gli spazi per le strutture mediche, vengono realizzati nuovi spazi per i degenti).

Per fare tutto ciò viene avviata un’indagine medico-sociale, condotta in prima persona dai medici Giuseppe Dones e Bruno Zanobio (mio padre) che copre oltre 4.000 assistiti del Trivulzio e che consente, nell’arco di due-tre anni, di monitorare e conoscere le caratteristiche fisiche, anamnestiche e patologiche dei ricoverati, oltre alle loro origini, al loro status sociale, alla loro composizione familiare, con un monitoraggio che continua nel tempo. Si procede a visitare gli Istituti similari di altri Paesi, per valutare come negli altri luoghi venisse gestita l’assistenza agli anziani.

Grazie all’archivio documentale di mio padre, che era appunto al fianco del dott. Dones in quegli anni, ho potuto esaminare la mole di lavoro compiuta e soprattutto i risultati conseguiti con tale attività, che sono stati oggetto di presentazione in convegni e di pubblicazione in riviste scientifiche. Le analisi svolte si sono trasformate tempestivamente in azioni mirate alla grande mutazione dell’Istituto, ponendo - credo lo si possa dire - le fondamenta a quanto ancora oggi il Pio Albergo Trivulzio è e sa offrire, con gli ulteriori miglioramenti apportati negli anni successivi.

In quegli anni viene altresì studiato ed attuato un servizio prima inesistente, non solo al Trivulzio ma in tutti i cronicari, di accettazione e smistamento dei malati nei diversi reparti, con caratteristiche peculiari rispetto agli altri servizi di accettazione degli ospedali tradizionali. Vengono realizzati i servizi di riabilitazione fisiatrica, di logopedia per il trattamento delle disfasie, di fisioterapia del circolo e del respiro (studi allora agli albori a livello mondiale). Viene creato un sistema di diagnostica e cura, con un complesso polispecialistico all’avanguardia, aperto anche a pazienti esterni (nel primo anno di attività, siamo nel 1966, vengono eseguite oltre 60.000 prestazioni, di cui 10.000 a pazienti esterni), e definito “gemma preziosa dell’Istitutoâ€; viene creato il servizio di day hospital. A partire dal 1969 vengono avviati corsi interni di formazione per il personale di assistenza. Questi sono solo alcuni degli esempi di quanto è stato realizzato. Nel giro di pochi anni, grazie all’azione congiunta della direzione dell’Istituto e del servizio medico, il Pio Albergo Trivulzio diventa il modello di riferimento per la cura all’anziano. Vengono così messe le basi per disegnare altresì la riforma sanitaria nazionale per l’assistenza agli anziani. Il sistema Pio Albergo Trivulzio viene portato come modello in tutti i Convegni nazionali di Geriatria e Gerontologia e negli eventi dedicati alla Medicina sociale, confermandosi ancora una volta pioniere nella cura ed assistenza all’anziano, in un non facile contesto politico-sociale, come la tavola rotonda avrà modo di approfondire.

Credo che nella realtà odierna, il Trivulzio possa ancora svolgere un ruolo determinante per il futuro degli anziani, in una logica di “vecchiaia sostenibileâ€. Non dimentichiamoci che oggi le persone sopra i 65 anni sono il 22% della popolazione italiana e che le proiezioni demografiche prevedono che nei prossimi 30-50 anni, la popolazione sopra i 65 anni passerà al 33% di quella complessiva. Se ci focalizziamo sugli ultra 85enni, osserviamo che ad un’attuale incidenza del 3% circa della popolazione, le proiezioni danno valori del 10% nel 2050. A Milano nel 2002 gli ultracentenari erano 219, l’anno scorso ne sono stati censiti 611 (in quindici anni si sono triplicati).

Questi numeri devono farci pensare: il tasso di fecondità è in continua contrazione, l’indice di vecchiaia è in aumento, la durata media della vita e l’età media sono in continua espansione. Cosa succederà in un’economia in cui le risorse non sempre sono in grado di garantire i servizi essenziali? Occorrerà investire in prevenzione, in assistenza e cure mirate, favorire un sistema di anzianità attiva, coinvolgendo gli anziani ove possibile nella vita sociale, in un contesto in cui, non lo dimentichiamo, il fenomeno migratorio gioca e probabilmente continuerà a giocare un ruolo determinante.

Sono considerazioni che ci devono portare a riflettere, alle quali credo soprattutto che la nostra classe politica debba mettere mano, salvo non si voglia pensare a quanto scriveva l’economista Federico Caffè (come ha ricordato Marco Vitale in un suo scritto sul futuro degli anziani), parlando di una tribù africana che aveva il costume di accompagnare al fiume i vecchi: “ogni anno i più vecchi venivano guidati e spinti con l’aiuto di lunghe pertiche verso un vorticoso fiume, accompagnati da tutta la tribù, per poi essere spinti nel fiume e così sparire nella correnteâ€. L’economista Marco Vitale nel suo scritto sottolinea altresì come secondo Caffè “questo modo di fare era più gentile e umano del nostro, che fa di tutto per allungare la vita e troppo poco fa perché la vita allungata sia qualitativamente degna di essere vissuta, fino ad arrivare a considerare i vecchi solo un peso, spesso inutileâ€.

A temi di natura economica sul problema dell’invecchiamento della popolazione, con la sua crudezza, si affiancano considerazioni di carattere etico e deontologico, alla luce anche dei recenti provvedimenti legislativi in tema di “dopo di noiâ€, di “fine vita†e di biotestamento.  A ciò si aggiunga la considerazione circa il delicato e complesso tema degli aspetti emotivi della vecchiaia, con il senso di solitudine e di inutilità che colpisce spesso le persone anziane, Nel 1967 mio padre si chiedeva, in un convegno su - Gli Anziani in una società in sviluppo - se “fosse più felice con tutti i suoi impegni la Santina, la donna fedele e di alti meriti, che condivide da oltre cinquant’anni gioie e dolori della mia casa e sta ora seguendo la nostra quarta generazione, o invece quel benestante signore di un paese nordico a piena sicurezza sociale che tutto solo e libero da ogni impegno trascorre le sue giornate ospite di una casa di riposo?â€

Su questi aspetti siamo chiamati a riflettere: come Amici del Trivulzio, ci confrontiamo tutti i giorni con questi temi e credo ancora di più si trovino a doverli vivere ed affrontare tutti gli operatori del Pio Albergo Trivulzio, che sono convinto sempre più si troveranno ad essere nuovamente pionieri per il sistema di assistenza e cura degli anziani, nel futuro della nostra città.

Nell’organizzare il Convegno, ho potuto apprezzare quante siano le persone che riconoscono il Pio Albergo Trivulzio come un’istituzione fondamentale per Milano. Spero che il Convegno possa contribuire ulteriormente a far conoscere cosa è stato il Trivulzio, quale sia il ruolo che svolge e quali possano essere le future potenzialità. Su questo punto sarà il dott. Claudio Sileo, attuale direttore generale del Pio Albergo Trivulzio, a fornire a chiusura del Convegno un quadro complessivo su quanto il Trivulzio sta facendo e programmando per il prossimo futuro, perché possa rimanere un riferimento per Milano e per i suoi anziani.

Da ultimo, un’anticipazione che sicuramente aiuterà a far conoscere sempre più il Pio Albergo Trivulzio a Milano e ai suoi cittadini: grazie ad una mostra a cielo aperto in via Dante - in programma a partire dal prossimo mese di marzo - dedicata all’Istituto e alla sua storia, sono certo che Milano e i Milanesi sapranno essere sempre più Amici del Trivulzio.

Marco Zanobio- vicepresidente Amici del Trivulzio

 

 

3 Febbraio 2018 - Commenti disabilitati su Luigi Ferrari: il Panettone d’Oro? Un riconoscimento che ci dà la spinta a fare ancora di più

Luigi Ferrari: il Panettone d’Oro? Un riconoscimento che ci dà la spinta a fare ancora di più

Il 2018 degli Amici del Trivulzio è partito col piede giusto. A meno di due anni dalla costituzione dell’associazione sabato 3 febbraio il presidente Luigi Ferrari ha ritirato la menzione speciale del premio alla virtù civica Panettone d’Oro. L’occasione giusta per fare il punto con il presidente sui progetti che si svilupperanno nel corso dell’anno.

Presidente innanzitutto un breve identikit suo e dell’associazione…
Io ho 73 anni, quattro figlie, sono originario di Stradella, nella mia vita mi sono occupato di ricerche di mercato. Sono fra i fondatori di Slow Food. Le mie passioni? Sono sommelier e un discreto giocatore di bridge agonistico. L’Associazione Amici del Trivulzio nasce a metà del 2016 con l’obiettivo di migliorare la vita delle circa mille pazienti che ogni giorno sono ospitati e transitano nelle strutture del Pio Albergo Trivulzio. Non solo. L’altro target che ci siamo dati è quello di contribuire ad aumentare il numero  e la qualità dei servizi di tutte quelle persone anziane che vivono nel quartiere dove sorge il Pio Albergo, questo nell’ottica di aumentare le relazioni fra il dentro e il fuori, con vantaggi reciproci.

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In che senso?
Prima di fondare gli Amici ho curato un’analisi sulla percezione del Trivulzio. Proprio da quella ricerca emergeva l’opportunità di creare una associazione che affiancasse la struttura medico assistenziale del Pat ideando iniziative che insistessero sull’area “soft†della mente e delle relazioni, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita degli ospiti compatibilmente con le loro condizioni di età e di salute. Quest’area è fondamentale per vivere al meglio, ma spesso è considerata di secondo piano rispetto alla assistenza medica.

 Nella motivazione del Panettone d’Oro si parla di “encomiabile attenzione che si manifesta sia con iniziative che allietano le giornate quando gli ospiti sono ricoverate nelle strutture del Trivulzio, sia nel supportarli successivamente quando usufruiscono dell’assistenza domiciliare". A cosa si riferisce?
Sono due i progetti che hanno caratterizzato la nostra attività in questo anno e mezzo. Il primo si chiama Digital Trivulzio e consiste in un pacchetto di corsi di formazione digitale sia per gli ospiti sia per gli esterni. Lo gestiamo grazie al supporto di Informatici senza frontiere. Attualmente è in corso la seconda edizione che vede la partecipazione di 30 ospiti interni e 25 esterni. Il secondo progetto si chiama invece Adotta un Nonno. Si tratta di un servizio di assistenza domiciliare che offriamo a 10 anziani insieme alla cooperativa sociale Eureka!.

Come vi sostenete?
Attraverso la sottoscrizione di quote associative, il 5 per mille e la raccolta fondi. La quota associativa per i singoli “costa†100 euro l’anno. Gli enti, come per esempio la Fondazione Floriani, versano invece una quota di 500 euro. Per tutte le informazioni del caso è possibile rivolgersi alla nostra Elena Capri, che cura tutta la parte organizzativa. Qui i suoi recapiti: info@amicideltrivulzio.it, oppure: 02-4029664 e 340-4661880

Quali sono i progetti che avete in cantiere per quest’anno?
Innanzitutto la conferma di Digital Trivulzio e Adotta un Nonno, che vorremmo sviluppare e far crescere. Per la parte Digital, oltre ai 40 pc donati da UniCredit con cui facciamo il corso, stiamo definendo il posizionamento di computer fissi all’interno del Pat in modo che gli ospiti possano utilizzarli anche al di fuori del corso. Col Pat stiamo poi lavorando affinché la struttura possa essere dotato del wi-fi. In rampa di lancio abbiamo infine la costituzione di gruppi di lettura e di un panel di conversazione sull’astrologia.

Infine un’ultima domanda, come si immagina l’associazione fra 5 anni?
Un obiettivo è quello di trasformarci in fondazione, una forma giuridica più “solida†e strutturata rispetto a quella dell’associazione. Vorrebbe dire aver messo davvero radici. Se ci riusciremo o meno dipenderà in larga misura dalla nostra capacità di migliorare la vita degli ospiti del Pat e degli anziani del nostro quartiere di riferimento. E quindi anche dalla nostra capacità di convincere i donatori che un euro investito nell’attività degli Amici è un euro che incide realmente sulla qualità delle vita dei nostri beneficiari.