9 Novembre 2020 - Commenti disabilitati su Gabriele Albertini: il Contagio, il Cuore di Milano e il cavallo del Missori

Gabriele Albertini: il Contagio, il Cuore di Milano e il cavallo del Missori

Sindaco di Milano per due mandati dal 1997 al 2006, Gabriele Albertini ha sempre considerato il legame con la sua città un elemento importante della sua lunga e variegata esperienza politica e civica. Non sorprende dunque che sia stato proprio lui a firmare la prefazione al libro "Nel contagio il cuore di Milano" (di Attilio Busolin, Giovanni Colombo e Marco Zanobio, edizioni Heimat), che sabato 14 alle 15,30 sarà al centro di una presentazione pubblica in digitale nell'ambito di Book City. In questo dialogo con gli Amici del Trivulzio, onlus che si occupa degli anziani ospiti del Trivulzio e di quelli dei quartieri limitrofi a cui sono destinati i proventi delle vendite del libro, Albertini rinnova il suo affetto per Milano riscoprendone l'innata resilienza in un momento così particolare.

"Una bella storia milanese", l'ha definita: in che cosa è così milanese questa libro?
La prima ragione è che questa iniziativa e le attività che si propone di sostenere sono opera di volontari. I tre autori sono persone che nella loro vita fanno altro, ma hanno scelto di "creare" qualcosa per la loro città. L’offrirsi al bisogno con generosità e con gioia è la rappresentazione del cor in man e della tipica sensibilità milanese. L’altro elemento centrale è che questo testo cerca nel passato, nelle storiche statue della città, la leva per trovare la visione e la resilienza in grado di superare momenti dolorosi e critici come quelli in cui ci troviamo. È uno spirito pragmatico e sentimentale insieme. Ribadisco in questa opera ritrovo la Milano del coeur in man, del mi lavori semper e - aggiungo - del mai content e del fai i ròbb giust, perché qui si tende sempre al miglioramento, anche di se stessi.

Il libro ci guida in un percorso che guarda alla storia di Milano, ma non esclusivamente dei grandi personaggi milanesi…
Questa è un’altra caratteristica tipica di Milano. Pensiamo solo al santo patrono. Sant’Ambrogio che è nato a Treviri in Germania. Basta fare un giro al Famedio per rendersi conto che la più parte dei grandi milanesi non sono nati qui, ma hanno vissuto e dato il meglio di sé, a cominciare da sant’Ambrogio, nella nostra città. Ricordo che quando andai a Fucecchio alla festa del 90esimo compleanno di Indro Montanelli (il testo della didascalia della statua del grande giornalista è stato scritto proprio da Albertini, ndr), a un certo punto disse una frase che vale per lui, ma vale per tutti i grandi milanesi: “Ciò che sono lo devo a Fucecchio, ma ciò che sono diventato lo devo a Milano”. Milano è una città che accogliere e valorizza i talenti. Poi c’è l’altro aspetto rilevante, a cui accennavo prima. La propensione verso il futuro, verso la conoscenza, verso il cambiamento –Milano da sempre anticipa le cose che poi succedono nel resto d’Italia – nei momenti grande tensione si rifugia nelle sue radici, non per ritrarsi, ma per trovare risorse, energie e coraggio per affrontare le calamità sul base proprio di quello che in passato si è stati capaci di fare.

C’è una statua fra quelle rappresentate nel libro a cui lei è particolarmente affezionato?
Ce ne sono tante, ma se devo sceglierne una direi quella del Missori a cavallo. L’eroe delle 5 Giornate torna da una battaglia. Il cavallo non viene rappresentato come nelle epopee equestri galoppante, impannante o fiero come nel caso della statua di Vittorio Emanuele. Al contrario è lì, con la testa bassa, stremato dalle fatiche, forse anche ferito. Ma tira avanti e prosegue nel cammino insieme al suo cavaliere. Quel monumento è il segno della resilienza. C’è una grande dignità e soprattutto non c’è la resa. Anche se mi rimane un’ultima goccia di energia io la metto in campo. Lo trovo splendido. Anche perché non c'è alcuna retorica. È lo spirito tiremm innanz di Amatore Sciesa.

Come sta cambiando Milano in questi mesi così complicati?
Nel 2019 Milano ha avuto 500mila visitatori in più dell’anno dell’Expo. Eravamo la smart city italiana per eccellenza. E lo era davvero e come tale era riconosciuta nel mondo. I 40 miliardi di investimento in immobili dal mondo lo dimostrano. Ora lo scenario è cambiato. Come sappiamo la città sta affrontando una crisi sanitaria e una crisi economica ed entrambe stanno avendo conseguenze pesantissime. Io penso però che Milano rispetto al resto del Paese abbia qualcosa di diverso e, da milanese fanfaron e bauscia dico, qualcosa di migliore. Mi viene in mente una frase attribuita a Churchill alla fine della seconda guerra mondiale dopo la vittoria sul nazismo: “Mai sprecare una grande catastrofe”. Voleva dire che di fronte alle vicende dolorose ci sono diversi modi di porsi: quello della fuga, quello della resa oppure quello che trae dalla criticità lo stimolo per superare i nostri difetti e per generare quello che prima ci mancava. In una parola per essere migliori. Ecco Milano, penso, troverà un nuovo modello di sviluppo magari più attento alla coesione sociale e come il cavallo del Missori “tirerà avanti”.

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Published by: Stefano Arduini in News

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